Le sfide del lavoro: quale agenda per il nuovo Ministro

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Giampiero Falasca

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Il nuovo Governo parte con una interessante scommessa, mettendo un economista, Enrico Giovannini, invece del “solito” giuslavorista, al lavoro.

Si tratta di una scelta coraggiosa, anche perchè – con la sola eccezione di Tiziano Treu, che fece grandi cose – negli ultimi 15 anni tutti i Ministri del lavoro di formazione giuridica hanno trattato la materia con l’illusione di creare posti di lavoro mediante una legge, e spesso hanno fallito questo obiettivo. Il fatto che arrivi qualcuno con una formazione diversa, può essere un segnale di discontinunità positivo.

Il nuovo Ministro del lavoro si trova di fronte una lunga lista di problemi da risolvere.

La disoccupazione galoppa, a causa delle tante imprese che chiudono ogni giorno; chi vuole assumere viene, di fatto, disincentivato a farlo, per colpa di regole burocratiche e antistoriche, che creano un clima ostile al lavoro. Inoltre, chi perde il lavoro viene lasciato solo al suo destino dallo Stato, che non è in grado di dargli servizi per l’impiego efficienti, e nel migliore dei casi riesce solo a garantirgli qualche centinaia di euro, pagati tardi ed a mille condizioni.

Chi lavora sta meglio, ma vede la sua busta paga falcidiata da un peso impressionante di fisco, contributi, e voci di varia natura. E ricambia la sua bassa retribuzione con una produttività altrettanto bassa.

Infine, chi ha un diritto da far valere in giudizio, deve fare i conti con una macchina giudiziaria lenta e imprevedibile nelle decisioni.

Una lunga lista di problemi (sicuramente non esaustiva), che richiede interventi urgenti, concreti e mirati.

I tanti giuristi che si sono succeduti al lavoro hanno faticato ad intepretare le reali emergenze del mercato, e sulla base di questa mancata comprensione hanno prodotto riforme “lunari” (gli assurdi cavilli della legge 92/2012, o il decreto sulla certificazione delle competenze, ma anche la legge Biagi, normativa talmente complicata da restare, per molte parti, inattuata), che hanno risolto problemi virtuali, dimenticando quelli effettivamente esistenti.

Il nuovo Ministro dovrà quindi, prima di tutto, rimuovere i danni creati dai giuristi che lo hanno precededuto: dovrà cercare di eliminare le “incrostazioni” create da una legislazione asfittica, nemica del lavoro, e mettere in piedi un sistema di regole nuovo, che consente alle imprese di assumere le persone senza mille pastoie burocratiche, e senza il rischio di contenziosi giudiziali legati a cavilli formali.

La “causale” del contratto a termine è l’emblema di questi difetti: un inutile adempimento che garantisce solo contenzioso.

Una volta fatto questo intervento di pulizia – che potrebbe avere un impatto forte sulla fiduca delle imprese – bisognerà mettere mano ai tanti problemi sopra ricordati: occorrere rivedere il sistema di incentivi al lavoro, bisogna trovare soluzioni originali per efficientare i servizi per l’impiego, è necessario stabilizzare gli ammortizzatori sociali, superando la vergogna delle deroghe temporanee, occorre ridare celerità al processo del lavoro.

Certamente, le riforme del lavoro non creano, da sole, nuova occupazione: serve un’economia funzionante. Ma un buon mercato del lavoro consente di ritardare la perdita di posti di lavoro, nei periodi di crisi, e accelerare la ripresa occupazionale, nei periodi di crescita.
Questo oggi manca, e di questo abbiamo urgentemente bisogno.

One comment

  1. Sono passati oltre 30anni dall’ultima legge sull’occupazione giovanile,perchè non riprovarci,e un anno di contributi figurativi per ogni figlio non rilancerebbe la natalità ?

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