Un Paese per anziani. Maschi.

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Giampiero Falasca

Un paese per anziani, rigorosamente uomini. Leggendo i dati statistici che periodicamente fotografano il mercato del lavoro, emerge con chiarezza che in Italia i posti di comando sono riservati ai lavoratori più anziani, di sesso maschile.
L’anzianità, ad onor del vero, ha un destino ambivalente: è una “colpa” per i lavoratori di livello medio, che rischiano di perdere il lavoro intorno ai 50 anni, mentre sembra un requisito indefettibile per chi vuole aspirare a posizioni di un certo prestigio.
Più omogenea la situazione sul lavoro femminile, relegato a ruolo complessivamente marginali (ma per fortuna le eccezioni sono tante) sempre, sia per i profili medi, sia per le posizioni dirigenziali.
Ovviamente la realtà del mercato è molto più complessa, ma – al netto del pollo di Trilussa – le statistiche raccontano un problema vero.
Un mercato del lavoro di questo tipo combacia perfettamente con la visione della nostra attuale classe politica, che con i fatti dimostra di essere legata a doppio filo allo schema “potere agli anziani, fuori le donne”.
La recente rielezione del Presidente Napolitano conferma questo schema, anche se il problema non riguarda solo lui, è ben più ampio.
Nessuno dei potenziali presidenti (Marini, Prodi, Rodotà) aveva meno di 70 anni, e anche questa volta il Presidente donna è rimasto un tema da salotto o poco più; inoltre, se andiamo ad analizzare l’età e il sesso dei “saggi” nominati per fare i supplenti dei partiti, la situazione non cambia, anzi. E senza considerare che all’orizzonte si profila un Governo dell’ultrasettantenne Amato.
All’estero, Tony Blair e Bill Clinton hanno smesso di fare politica ad un’età che, per gli standard della politica italiana, è quasi adolescenziale, e le donne nominate presidente sono un fatto normale.
Una realtà ben lontana dalla nostra, a conferma che siamo sempre più un Paese asfittico e fermo sulle ginocchia, che sta smarrendo la nozione di futuro.

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