Lavoro autonomo e professioni

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Ferruccio Pezzulla

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La recente Riforma del lavoro ha introdotto l’art. 69 bis nel Decreto legislativo 276/2003.
L’obiettivo perseguito è stato quello di contrastare l’abuso del lavoro autonomo o, come dicono i giornali, delle partive IVA; la nuova disciplina non si applica alle prestazioni lavorative che presentano determinati requisiti di professionalità, o che hanno un determinato valore economico.
In particolare, la presunzione legale di collaborazione coordinata e continuativa è esclusa quando la prestazione sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività; o sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’ articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233 (per il 2012, il reddito minimo annuo di riferimento è di Euro 18.662,50).
Un’ ulteriore esclusione dall’applicazione della presunzione, è il caso in cui la prestazione sia resa nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione a un ordine professionale ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali e stabilisce specifici requisiti e condizioni.
L’esclusione, a bene vedere, non vale per tutte le attività lavorative del professionista, ma solo per quelle prestazioni che costituiscono lo svolgimento dell’attività professionale per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione in appositi albi professionali.
In particolare, la ricognizione specifica di tali attività professionali (escluse dall’ambito applicativo delle presunzioni legali da applicare alle prestazioni rese dai titolari di partita Iva), è stata effettuata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con il decreto ministeriale 20 dicembre 2012.
Nello specifico, si è demandato agli organismi di certificazione di effettuare dei monitoraggi periodici sugli incarichi professionali.
Ne discende che gli ordini o collegi professionali, i registri, gli albi, i ruoli e gli elenchi professionali qualificati, sono esclusivamente quelli tenuti o controllati da un’amministrazione pubblica nonché da federazioni sportive.
In particolare,in questi casi, l’iscrizione è subordinata al superamento di un esame di stato o, comunque, alla necessaria valutazione, da parte di uno specifico organo, dei presupposti legittimanti lo svolgimento dell’ attività.
Soffermandoci su quest’ultimo tema, e quindi sulla distinzione tra soggetti iscritti ad un ordine e professionisti non iscritti ad un ordine, si evince come la legge Fornero n.92/2012 abbia escluso i professionisti c.d. ordinisti con partita iva e mono committenza dall’obbligo del passaggio a rapporto di lavoro a contratto con l’azienda, consentendo, pertanto, agli ordinisti di mantenere il lavoro a partita iva.
Diversamente, la legge non include le professioni regolamentate dalla legge n. 4/2013, relativa alle c.d. “professioni non regolamentate”; infatti, i professionisti sono solamente coloro per i quali è richiesto dallo stesso ordinamento l’iscrizione ad un ordine professionale, o ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati, e rispetto ai quali detta specifici requisiti e condizioni.
Brevemente la legge n. 4/2013 sulle professioni non regolamentate, fortemente auspicata dalle associazioni di categoria, in particolare dalla COLAP che le racchiude tutte quante, intende favorire la scelta del professionista in relazione alla forma in cui esercitare la propria professione, riconoscendo l’esercizio di questa sia in forma individuale, che associata o societaria o nella forma di lavoro dipendente.
I professionisti possono costituire associazioni professionali (con natura privatistica, fondate su base volontaria e senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva) con il fine di valorizzare le competenze degli associati, diffondere tra essi il rispetto di regole deontologiche, favorendo la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.
Le associazioni possono costituire forme aggregative che rappresentano le associazioni aderenti, agiscono in piena indipendenza ed imparzialità e sono soggetti autonomi rispetto alle associazioni professionali che le compongono, con funzioni di promozione e qualificazione delle attività professionali che rappresentano, nonché di divulgazione delle informazioni e delle conoscenze ad esse connesse e di rappresentanza delle istanze comuni nelle sedi politiche e istituzionali.
Ciò posto, la circolare del Ministero del Lavoro (Circ. n. 32/12) ha spiegato come, indipendentemente dai contenuti del decreto, sia possibile ritenere che l’operatività della deroga sia esclusa solo in relazione alle attività per le quali non è previsto il possesso di specifici requisiti e condizioni, derivante, sostanzialmente, dal superamento di un esame di Stato.
Pertanto, ad esempio, mentre l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane esclude l’operatività della presunzione in quanto è condizionata ad una specifica delibera della CPA, previa verifica dei requisiti di legge; l’iscrizione presso il registro delle imprese presso la Camera di Commercio, non essendo assistita da una procedura di verifica di requisiti e condizioni, anche di carattere economico, non consente l’operatività della deroga.
E’ evidente, dunque, che i professionisti per cui non scatta la presunzione, sono solo quelli iscritti in albi, elenchi o registri per cui è necessaria una verifica della Pubblica Amministrazione.
Tuttavia, come ha evidenziato il Ministero del lavoro, il grado elevato di competenze o le rilevanti esperienze, possano essere provate attraverso: a) il diploma di scuola superiore; b)diploma di laurea; c)diplomi conseguiti dopo l’apprendistato; d) attraverso una qualifica o una specializzazione attribuita da un datore di lavoro in seguito ad un rapporto di lavoro subordinato ed in applicazione di un contratto collettivo di riferimento; e) svolgimento dell’attività in questione come lavoro autonomo per almeno 10 anni.
Una lettura comparata, secondo un’ottica conservativa, potrebbe suffragare una tesi alquanto suggestiva e forse non voluta dalla legge Fornero, ma che risulta favorita proprio dal testo letterale della normativa in questione. Sembrerebbe che i professionisti ex L. 4/13, o almeno parte di loro, possono evitare, attraverso il meccanismo della deroga “Competenza + Reddito”, previsto dal comma 2 dell’art. 69 bis del decreto Biagi, che il rapporto venga trasformato in collaborazione coordinata e continuativa.
Del resto gran parte dei professionisti non iscritti ad un ordine (es. grafici, designer, amministratori di condominio; fisioterapisti, solo per dirne alcuni), sono certamente in possesso dei requisiti professionali, così come esplicati all’interno della circolare. Laddove al requisito della competenza si accompagni anche quello reddituale, ecco operare la deroga, diversa ed ulteriore rispetto a quella dei professionisti iscritti ad un albo, ma sostanzialmente analoga.
Conseguentemente la Legge Fornero, seppur introdotta con l’intento di combattere il fenomeno, potrebbe, accompagnata da una lettura comparata con la legge n. 4/2013, offrire la possibilità di far emergere le partite IVA, giungendo, forse, ad un risultato di segno opposto, rispetto a quello originariamente prefissato, in una sorta di fvera e propria eterogenesi dei fini.
Alla luce di quanto sopra esposto, sembrerebbe possibile ravvisare, un nuovo spunto di lettura dello stato dell’arte sulla legge Fornero e sul lavoro autonomo.

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