Rito Fornero sui licenziamenti: gli orientamenti dei Tribunali

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Ferruccio Pezzulla

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Dalla disamina di una serie di ordinanze dei vari Tribunali italiani (Firenze, Bologna, Piacernza) relative al rito sommario sui licenziamenti, di recente introduzione , sembra delinearsi un orientamento, ben preciso, su tutti gli aspetti maggiormente controversi della riforma.
Da qui il tentativo di delineare come una sorta di decalogo, contenente le linee guida, al fine di dare un minimo di chiarezza ad una materia che ha creato, e sta creando, non poche difficoltà agli operatori, per via della mancanza di uniformità.
In primo luogo è utile chiarire quale sia l’orientamento in relazione all’ambito di applicazione che, di per sé, costituisce un aspetto controverso.
Al riguardo, costituisce, ormai opinione comune, che il rito sommario trovi applicazione per tutti i ricorsi depositati dopo il 18 luglio 2012, anche se relativi a licenziamenti intimati prima.
Quanto all’obbligatorietà o meno del rito, si registrano, anche in questo caso, ordinanze dall’orientamento univoco, secondo cui il rito di cui all’art. 1 della legge n. 92 del 2012, deve intendersi quale unica modalità di esercizio dell’azione giudiziale. In altri termini, non è concessa alla parte interessata la facoltà di scelta tra l’ordinario rito del lavoro di cui al codice di procedura, essendo il ricorrente tenuto a seguire la fase sommaria. Ciò si desume in maniera incontrovertibile dal tenore del comma 47 dell’art. 1 della legge n. 92 del 2012, a norma del quale «le disposizioni dei commi da 48 a 68 si applicano alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti». Come si vede, la disposizione prevede come inevitabile l’applicazione delle regole enunciate nei commi successivi alla categoria di controversie da essa contemplata.
Questione diversa è, però, quella relativa alla possibilità per le parti di “saltare”, per così dire, la prima fase del giudizio di primo grado. In tal caso, non si tratta di riconoscere alle parti di scegliere un rito piuttosto che un altro. Si tratta, al più, di verificare se, ferma restando l’applicazione della disciplina processuale dettata dalla normativa speciale, le parti possano iniziare la controversia a partire dalla fase ordinaria che, nell’architettura delineata dal legislatore costituisce, a tutti gli effetti, la seconda fase del giudizio introdotto.
L’orientamento prevalente propende per la soluzione negativa. Anche se non mancano pronunce, come da ultimo quella del Tribunale di Piacenza, che aprono a tale possibilità.
Per quanto riguarda la natura delle “questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro», cui il rito si applica, la norma, evidentemente, intende riferirsi ai casi in cui, a fronte di una qualificazione formale del rapporto come lavoro autonomo, il prestatore ne deduca la natura subordinata e su tale presupposto qualifichi il recesso della controparte come licenziamento soggetto all’applicazione dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970.
Anche in questo caso si registrano pronunce che escludono alcune domane che, seppur riguardanti questioni di licenziamento, non sono idonee ad esser trattate con il nuovo rito.
Si tratta di:
– questioni in cui non vi è un licenziamento ma cessazione del termine per scadenza naturale / cessazione contratto a progetto per scadenza naturale (la comunicazione che il datore di lavoro invia per ricordare la scadenza NON è equiparabile ad un licenziamento);
– licenziamento orale soggetto a vecchio regime;
– licenziamento per mancato superamento prova nei casi in cui non sia in discussione la legittimità del patto;
– licenziamento in gravidanza nel vecchio regime;
Infine non sono ascrivibili tra le “questioni di qualificazione del rapporto” quelle in cui si discute della imputabilità del rapporto ad un soggetto diverso dal datore di lavoro:
– somministrazione irregolare
– appalto irregolare
– 2112
– accertamento imputazione rapporto in capo a gruppo di imprese
– cessazione appalto e mancata assunzione da parte del subentrante alla luce di contratti collettivi
In tal caso le domande non possono essere trattate con il nuovo rito e laddove il ricorrente abbia fatto ricorso alla procedura sommaria, le domane verranno ritenute inammissibili.
Ancor più controverse e nessuna uniformità è dato intravedere, invece, in relazione ad altre questioni:
– licenziamento collettivo
– impiego pubblico
– licenziamento di socio di cooperativa .
Si cercherà di dare contezza, attraverso l’esame di ulteriori pronunce, dello stato dellì’arte anche in relazione ad altre questioni particolarmente controverse.

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