Pasquale Siciliani (twitter: @pasq_siciliani)
Finalmente un buon esempio di relazioni industriali. Dobbiamo complimentarci in primis con il Vice Ministro Michel Martone che ha avuto l’arduo compito di mediare nella difficile trattativa ILVA, ma anche con i sindacati, con la parte datoriale e con i lavoratori stessi, tutti protagonisti di un’intesa senza precedenti se consideriamo il numero di lavoratori coinvolti.
Per 6.417 lavoratori dell’ILVA di Taranto non sembrava esserci altra strada se non la CIGS, la quale avrebbe significato un riposo forzato per il personale coinvolto, una decurtazione importante della retribuzione ma soprattutto esuberi certi e assenza di prospettive per il futuro.
Con grande responsabilità di tutti (compresa la Fiom) si è giunti, invece, alla firma di un accordo sindacale che prevede il ricorso a 3.749 contratti di solidarietà su base annua. L’effetto di tale accordo è la riduzione dell’orario di lavoro fino a un massimo del 33% per ogni lavoratore che, pertanto, continuerà a svolgere la propria prestazione professionale evitando la sospensione che la CIGS avrebbe comportato. Evidenti sono anche i benefici economici per i lavoratori e per l’azienda. Quest’ultima pagherà soltanto le ore effettivamente lavorate mentre l’INPS coprirà l’80% della riduzione oraria. In tal modo i lavoratori percepiranno un netto in busta paga più elevato rispetto a quello che avrebbero percepito in regime di CIGS, nonché matureranno ferie, permessi, premi di produzione e altri istituti che in CIGS avrebbero subito un congelamento. Si terranno incontri trimestrali tra i sindacati e ILVA per verificare l’andamento del programma e controlli semestrali da parte del Governo.
L’ILVA non è un caso isolato. Altri recentissimi esempi di applicazione di contratti di solidarietà si registrano per aziende del calibro di Peg Perego e Telecom (rispettivamente 500 e 2.500 dipendenti coinvolti) a testimonianza della considerazione che merita questo strumento alternativo ai classici ammortizzatori sociali, spesso sconosciuto o ignorato dalle aziende in difficoltà.
Ma cosa sono e come funzionano i contratti di solidarietà?
Si tratta di accordi stipulati tra l’azienda e i sindacati aventi a oggetto la diminuzione dell’orario di lavoro. Il datore di lavoro non potrà licenziare i lavoratori in esubero durante la vigenza dell’accordo.
Questi accordi possono essere di due tipi: “difensivi” (art. 1, l. 863/1984) cioè finalizzati a mantenere l’occupazione in caso di crisi aziendale evitando la riduzione di personale; “espansivi” (art. 2, l. 863/1984) aventi l’obiettivo di favorire nuove assunzioni attraverso una contestuale e programmata riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione. Per ragioni facilmente intuibili questa seconda tipologia è rimasta praticamente inutilizzata.
Per i contratti di solidarietà difensivi la legge prevede che l’INPS, per aiutare i lavoratori a sopportare il sacrificio, corrisponda un’integrazione del 60% della retribuzione persa. Tale soglia è stata temporaneamente innalzata all’80% (da ultimo per tutto il 2013 dalla legge di stabilità). Per quelli di tipo “espansivo” il contributo INPS sarà soltanto del 25%.
Differentemente dagli altri contratti collettivi aziendali, per la giurisprudenza il contratto di solidarietà è applicabile alla generalità dei lavoratori occupati in azienda a prescindere dall’affiliazione di questi ai sindacati stipulanti, essendo tale efficacia giustificata dai vantaggi occupazionali previsti (Cass. 1403/90). I contratti di solidarietà non si applicano invece a dirigenti, apprendisti e altre categorie particolari di lavoratori specificamente indicati dalla legge.
Non tutte le aziende possono beneficiare di questo strumento essendo limitato (il tipo difensivo) alle aziende rientranti nel campo di applicazione della CIGS.
La durata massima della solidarietà è di 24 mesi prorogabili (36 nel Mezzogiorno) e la domanda di integrazione salariale deve essere presentata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali allegando il contratto di solidarietà sottoscritto con i sindacati e l’elenco nominativo dei lavoratori interessati. Il Ministero autorizza con decreto il trattamento integrativo entro 30 giorni dalla ricezione della domanda.
E’ dunque giunto il momento della riscoperta da parte delle aziende di questo strumento (ormai già trentennale) dalla solo apparente rigidità gestionale e tecnicismo operativo.
In un paese che vuole rilanciare l’occupazione e uscire da una pesante crisi economico-finanziaria come quella che stiamo attraversando i contratti di solidarietà – e non la cassa integrazione – dovrebbero essere la prima scelta delle aziende in crisi. Questi hanno, infatti, l’indubbio pregio di favorire il rilancio dell’azienda in crisi mantenendo in vita l’attività produttiva, rimodulata in ragione della contrazione del lavoro, salvaguardando il livello occupazionale e il bagaglio delle professionalità, le quali non subiranno il detrimento che subirebbero con l’inattività per lunghi periodi.
Salve, vorrei porvi una domanda inerente alla questione dei contratti di solidarietà.
Nel caso in cui una azienda fosse in regime di solidarietà difensivo (non espansivo), con quota parte dei lavoratori interessati da questo tipo di contratto, avrebbe la facoltà di effettuare nuove assunzioni? Se si quali sono le condizioni al contorno necessarie?