Crowdsourcing: occorre l’autorizzazione preventiva?

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Marzia Sansone

Marzia Sansone

In una società dedita al costante sviluppo dei mezzi di comunicazione, il fenomeno del cd. “Crowdsourcing” non può che dilagare.
Si tratta di una metodologia di cooperazione con la quale le imprese chiedono un contributo attivo alla rete, delegando ad un insieme distribuito di persone, che si aggregano attorno ad una piattaforma web, lo sviluppo di un progetto o di una parte di un’attività di un’azienda; è, dunque, un sistema agevolato da strumenti disponibili sul web in open call, nonché sviluppato mediante alcuni siti attraverso i quali si realizza l’incontro tra domanda e offerta di prodotti da parte degli utenti.
Si distingue dal cd. “Outsourcing” – nel quale la realizzazione del progetto e/o la soluzione del problema viene esternalizzata ad uno specifico soggetto – proprio per il carattere indeterminato del gruppo al quale viene demandata la definizione del progetto (l’identità degli utenti è irrilevante ai fini della scelta dei prodotti in quanto la stessa è fondata sulla valutazione delle caratteristiche tecniche dell’offerta).
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali si è pronunciato, con la risposta ad interpello di Confindustria del 27 marzo 2013, in merito alla necessità, per i soggetti che svolgono l’attività di intermediazione in Crowdsourcing, di ottenere l’autorizzazione preventiva prevista dall’art. 4 del D.Lgs. n. 276/2003 per le Agenzie per il lavoro ai fini dello svolgimento delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale e supporto alla ricollocazione professionale.
Chiarisce il Ministero che l’autorizzazione in parola è richiesta per le attività di consulenza di direzione configurabili come attività di ricerca e selezione del personale finalizzata alla risoluzione di una specifica esigenza dell’organizzazione del committente, attraverso l’individuazione di candidature idonee a ricoprire una o più posizioni lavorative in seno all’organizzazione medesima su specifico incarico della stessa.
Alla luce di tale definizione, il Ministero evidenzia come la suddetta autorizzazione non sia richiesta allorché l’attività di intermediazione svolta in Crowdsourcing sia finalizzata – ed è il caso più ricorrente – alla conclusione di contratti di natura commerciale (come compravendita e appalto); diversamente, qualora l’attività di Crowdsourcing involga la conclusione di contratti d’opera professionale ai sensi dell’art. 2222 c.c., sarà necessario richiedere l’autorizzazione soltanto se dalla stipula di questi contratti consegua un’attività prolungata in favore del committente tale da configurare la costituzione di posizioni lavorative in seno alla sua organizzazione.
L’attenzione, pertanto, non potrà che essere rivolta alla natura dei contratti stipulati.

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