Tribunale di Piacenza: con il consenso delle parti si può saltare il rito Fornero

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Ferruccio Pezzulla

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Una recente ordinanza del Tribunale di Piacenza, del 16 gennaio 2013, affronta una tematica particolarmente controversa, stando alle prime pronunce, legata all’applicazione del c.d. rito Fornero.
A tal riguardo è noto che la legge n. 92/2012, nota anche come legge Fornero, ha introdotto un rito speciale accelerato (art.1 co. 47 e ss.) costituito da una fase sommaria e da un’eventuale fase successiva a cognizione piena, per decidere le controversie in materia d’impugnazione di licenziamenti, nelle ipotesi regolate dall’art. 18 L. 300/1970 e anche per quelle che comportano, insieme al recesso, la necessità di risolvere questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro.
Il nuovo rito è caratterizzato da un’elevata celerità.
In merito, la prima fase si attiva mediante il deposito di un ricorso al Giudice del Lavoro, avente i requisiti validi generalmente per tutti gli atti di cui all’art. 125 c.p.c.
Tra le varie questioni, il nuovo rito ha sollevato alcune problematiche in merito alla:
(i) possibilità per il ricorrente di scegliere se procedere con il rito ordinario ex art. 414 e ss. c.p.c. oppure se introdurre il giudizio con il nuovo rito ex legge n. 92 del 2012;
(ii) (ii) possibilità per il datore di lavoro di avvalersi del nuovo rito.
Sul punto alcuni uffici giudiziari (come ad esempio la Sezione Lavoro del Tribunale di Firenze), in sede di prima applicazione, avevano ritenuto che fosse facoltà del ricorrente rinunciare al nuovo rito depositando un ricorso ex art. 414 c.p.c. (specie laddove una pluralità di domande avrebbe potuto comportare inutili e dispendiose duplicazioni) altri, invocando una interpretazione letterale della norma e sul presupposto che la scelta del nuovo rito non dovesse ritenersi nell’esclusivo interesse dell’attore, avevano escluso tale possibilità.
Il Tribunale di Piacenza con una originale e significativa pronuncia, da un lato esclude che il solo ricorrente possa ab origine scegliere il rito ordinario in presenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 1 comma 48 Legge n. 92/2012, dall’altro però consente il passaggio “immediato” alla seconda fase a cognizione piena, prevista dall’art. 1 comma 51 della stessa legge, ove vi sia anche il consenso della controparte acquisito in contraddittorio.
Può leggersi nell’ordinanza in commento: “Se è vero infatti che il rito previsto dalla legge Fornero , non può considerarsi facoltativo , attesi il tenore letterale della norma ( comma 48: “ la domanda si propone “ ) e l’interesse di entrambe le parti del rapporto di lavoro ad una sollecita definizione del processo inerente i licenziamenti con tutela ex art. 18 , è anche vero che non paiono sussistere preclusioni , nell’ambito dello stesso rito, alla concorde volontà di entrambe le parti di “saltare “ la fase sommaria del procedimento. Il discorso, ovviamente , investe solo le domande rientranti nell’ambito di applicabilità del rito Fornero ex art. 1 commi 47 e 48 legge 92/2012”.
Il Tribunale di Piacenza, fondando la propria decisione anche su un’applicazione analogica della disciplina prevista dall’art. 4 D. lgs. 150/2011 (c.d. decreto i semplificazione dei riti civili) rileva come essa non si pone in contrasto con diritti tutelati dall’ordinamento, essendo rispettosa sia delle regole di competenza per materia e per territorio sia dell’intenzione del legislatore di garantire una pronta decisione della causa.
Conseguentemente, con il provvedimento in esame, il giudice ha fissato – per le domande rientranti nell’ambito di applicabilità dell’art. 1 commi 47 e 48 legge 92/2012 – l’udienza di discussione ex art. 1 , comma 51 legge 92/2012, assegnando termine perentorio fino a 30 giorni prima della nuova udienza a parte ricorrente e termine perentorio fino a 10 giorni prima alla parte convenuta per l’integrazione degli atti.
La questione si pone all’attenzione, soprattutto degli operatori, in quanto introduce proprio l’elemento della rilevante volontà negoziale manifestata da entrambe le parti processuali, diretta a produrre effetti. Una soluzione che potrebbe, se accolta, anche in successive pronunce, dare la stura ad una prassi che renderebbe, di fatto, facoltativo il rito speciale, seppur dietro un impulso comune di tutte le parti processuali e non del solo ricorrente.

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