Somministrazione e collegato lavoro: verso l’ennesimo contrasto giurisprudenziale?

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DSC_3716Giampiero Falasca

Su collegato lavoro e somministrazione sembra profilarsi un contrasto giurisprudenziale. Il tema è semplice; si applica alla somministrazione il tetto massimo delle 12 mensilità, previsto dal collegato lavoro (legge 183/2010) per il contratto a termine?
Per la Corte di Cassazione, la risposta è affermativa. Secondo la sentenza n. 1148 del 17 gennaio 2013, infatti, la Suprema Corte ha sostenuto che il tetto delle 12 mensilità si deve applicar ogni volta che si verificano due condizioni: esiste un contratto avente una durata determinata, e si verifica un fenomeno di conversione del rapporto di lavoro. La prima condizione, secondo la sentenza, ricorre anche quando viene stipulato un contratto di lavoro interinale, in quanto lo stesso viene definito dalla legge come contratto a termine (al pari del contratto di somministrazione a termine, aggiungiamo noi, che da questo punto di vista è rimasta identica).
La seconda condizione, secondo la sentenza, si verifica quando il contratto di lavoro interinale viene annullato dal giudice: addirittura, osserva la Suprema Corte, in questa circostanza si verifica una doppia conversione, perché il contratto diventa a tempo indeterminato, e cambia il datore di lavoro (l’utilizzatore, al posto dell’Agenzia per il lavoro). La Corte precisa che la questione non cambia se il vizio che determina la conversione del rapporto non è presente nel contratto di lavoro che stipula il dipendente, ma riguarda il contratto commerciale di fornitura di manodopera che firmano l’impresa utilizzatrice e il somministratore. Anche in questa ipotesi, infatti, si verificano entrambi i presupposti previsti dal collegato lavoro.
Nonostante l’autorevolezza della Corte, il Tribunale di Roma ha preso una posizione diversa, con due sentenze quasi contemporanee (15 gennaio 2013, est. Sordi, e 6 febbraio 2013, est. Cerroni) con le quali è stato considerato inapplicabile il tetto delle 12 mensilità, facendo leva sulla differenza di struttura tra la somministrazione di lavoro e il contratto a tempo determinato. Secondo le due sentenze, la norma del collegato lavoro che fissa il tetto massimo fa riferimento solo ai rapporto a termine che si convertono tra le parti originarie del contratto, e non ai rapporti, come quello che coinvolge il lavoratore somministrato, che, una volta convertiti, si instaurano com un soggetto (l’utilizzatore) diverso dal datore di lavoro originario (l’agenzia per il lavoro).
Vedremo se le altre Corti di merito decideranno di seguire l’indirizzo della Cassazione (approccio, questo, che sarebbe coerente con il ruolo che l’ordinamento assegna alla Suprema Corte) o se invece procederanno in ordine sparso.
Come al solito, il risultato è che nel nostro diritto del lavoro tutto è discutibile e nulla è certo.

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