Andrea Morzenti
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LA CERTIFICAZIONE dei CONTRATTI DI SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO
E’ possibile certificare i contratti commerciali di somministrazione di lavoro? E se sì, quali sono gli effetti della certificazione?
Vediamo un po’.
L’art. 75 del Decreto Legislativo n. 276/2003, nel testo in vigore nel 2010, disponeva che “Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro le parti possono ottenere la certificazione del contratto”.
Anche se la norma dell’epoca faceva riferimento ai soli contratti di lavoro (e il contratto di somministrazione non lo è, essendo un contratto di natura commerciale), il Ministero del Lavoro con risposta ad un Interpello (n. 81/2009) presentato dalla Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, in data 22 dicembre 2009 precisava che:
“Ferma restando la certificabilità del rapporto tra agenzia per il lavoro e utilizzatore, potendo essere certificato ogni tipo di contratto di lavoro in virtù delle disposizioni […], si ritiene che lo stesso possa valere anche per il contratto commerciale fra somministratore e utilizzatore.
Deve, infatti, essere considerato che la somministrazione di lavoro di realizza, di fatto, attraverso un evidente “collegamento negoziale” tra i due contratti (contratto di lavoro e contratto commerciale fra agenzie e utilizzatore) singolarmente considerati.”
Questo innovativo principio ha trovato una importante e decisiva conferma con l’approvazione della Legge n. 183/2010 (cd “Collegato Lavoro”) che, nel riscrivere l’art. 75 del Decreto Legislativo n. 276/2003, dispone: “Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro”.
La possibilità, quindi, di certificare non solo contratti di lavoro tout court ma anche contratti in cui sia solo “dedotta indirettamente una prestazione di lavoro”, non lascia più alcun dubbio circa la legittima possibilità di certificare il contratto commerciale di somministrazione di lavoro. Da tale contratto, infatti, deriva un contratto di lavoro stipulato dal somministratore e dal lavoratore, contratto di lavoro con cui il somministratore adempie al sotteso contratto commerciale. È del tutto evidente, pertanto, come nel contratto commerciale di somministrazione di lavoro, parafrasando il “Collegato Lavoro”, sia dedotta indirettamente una prestazione di lavoro.
Superato positivamente il primo aspetto, passiamo ora ad esaminare quali sono i vantaggi di un contratto commerciale di somministrazione di lavoro certificato, in quanto importanti sono gli effetti derivanti dalla certificazione che si dispiegano sul piano sia della certezza, sia della resistenza del contratto in caso di contestazioni.
In primo luogo i contratti certificati sono sottratti all’attività ispettiva degli organi di vigilanza del Ministero del lavoro (come disposto dalla direttiva del Ministro del Lavoro del 18 settembre 2008 sulle verifiche ispettive).
In secondo luogo, con riferimento al rischio di impugnazione da parte del lavoratore, le norme in materia di certificazione dei contratti, contenute nel Decreto Legislativo n. 276/2003, dispongono:
1. la certificazione è opponibile non solo, come è ovvio, alle parti (somministratore e utilizzatore) ma anche ai terzi nella cui sfera giuridica l’atto di certificazione è destinato a produrre effetti;
2. l’eventuale ricorso giudiziale potrà essere presentato solo per i) erronea qualificazione del contratto, ii) difformità tra il programma negoziale certificato e sua successiva esecuzione oppure iii) per vizi del consenso;
3. l’eventuale ricorso giudiziale dovrà comunque essere sempre preceduto dall’esperimento del tentativo di conciliazione, rimasto ancora obbligatorio per i contratti certificati, presso la commissione di certificazione che ha certificato il contratto.
Pertanto, qualora il lavoratore, ritenendo irregolare la somministrazione, decida di impugnare il rapporto di somministrazione nei confronti dell’utilizzatore, risulterà comunque vincolato alle disposizioni contenute nei punti sopra esposti, in quanto parte terza “nella cui sfera giuridica l’atto di certificazione è destinato a produrre effetti”.
L’impugnazione del lavoratore, infatti, riguarderà solo formalmente il proprio contratto di lavoro, poiché, “nella sostanza”, l’impugnazione con cui egli voglia rivendicare la somministrazione irregolare riguarderà, necessariamente, gli elementi e l’esecuzione di un contratto certificato, elementi da lui conosciuti perché riportati, ai sensi di legge, nel proprio contratto di lavoro. Conseguentemente il lavoratore, innanzitutto, dovrà esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione presso la commissione che ha certificato il contratto commerciale di somministrazione di lavoro.
Ed inoltre, punto rilevante, l’impugnazione potrà riguardare solo la difformità tra contratto certificato (contratto commerciale) e la sua successiva esecuzione (da escludersi, infatti, l’impugnazione per erronea qualificazione del contratto o per vizi del consenso) e non, invece, la correttezza formale del contratto, in quanto certificata e validata con l’atto di certificazione. Con la certificazione del contratto commerciale di somministrazione di lavoro, pertanto, ed è questo il vantaggio più rilevante, ritengo si superi positivamente la nota problematica, di ordine squisitamente formale, di come e fino a quale grado di specificità debbano essere indicati i motivi di ricorso alla somministrazione (cd causale di utilizzo), poiché passati al vaglio, con esito positivo, dalla commissione di certificazione.
Da ultimo, ulteriore vantaggio, come tutte le forme di certificazione, è che anche la certificazione dei contratti commerciali di somministrazione di lavoro ha un’importante valenza in termini di responsabilità sociale d’impresa e presenta indubbi riflessi positivi nei rapporti dell’azienda con i propri interlocutori (clienti, fornitori, istituzioni, istituti di credito, ecc.).