Esodati: a che punto siamo?

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Riceviamo e, volentieri, pubblichiamo questo intervento di Claudio Ardizio, voce battagliera di uno dei tanti “comitati esodati” nati all’indomani della riforma pensionistica del 2011. A distanza di un anno e mezzo, nessuno ha messo la parola fine a un problema così grande; e certo non è colpa degli esodati.

Claudio Ardizio

Ripristino della parità di trattamento per il diritto di accesso alla pensione.

Come noto nel dicembre 2011, nel pieno di una crisi politico-economica dello stato italiano, il governo ha prodotto un decreto-legge (denominato salva-Italia) all’interno del quale, fra interventi di diversa natura, ha inserito anche una poderosa riforma della previdenza.

Tale riforma, nata sotto la spinta dell’urgenza e del timore del default del bilancio statale, si caratterizza principalmente per aver innalzato in maniera impulsiva l’età pensionabile portandola ad un livello che non trova paragoni a livello europeo.

Una conseguenza dell’innalzamento ex-abrupto dell’età pensionabile, conseguenza non considerata o per lo meno non valutata nella sua portata dal governo, è stata quella di creare un grande bacino di persone cui è stato spostato in avanti di svariati anni il momento del pensionamento: questo fatto, al di là delle conseguenze che porta nella vita delle persone e delle aziende nelle quali le persone lavorano, si è tradotto in una vera e propria tragedia economica per tutti quelli che, già usciti o che avevano accettato e sottoscritto condizioni di uscita dal mondo del lavoro confidando nelle norme previdenziali in vigore prima della riforma, si sono visti all’improvviso togliere il diritto alla pensione nei tempi e nei modi previsti dalle leggi pre-esistenti e si trovano quindi a dover fronteggiare diversi anni (mediamente 5) senza alcuna forma di reddito.

Per tutte le persone che si sono trovate nella condizione appena descritta la riforma della previdenza ha quindi concretizzato la negazione del loro diritto di accesso alla pensione e tale affermazione è tanto vera che il governo, in verità su pressioni ricevute da varie fonti (in primis da varie associazioni spontanee delle persone penalizzate e a seguire da molti partiti politici, dai sindacati e dall’opinione pubblica in genere), ha dovuto prevedere correttivi alla riforma stessa per ripristinare questo diritto.

Il problema è che questi correttivi, invece di intervenire sulla totalità delle persone coinvolte (il cui numero è stato quantificato in 392.000 dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) hanno ad oggi interessato solamente circa 130.000 persone.

Lo scopo dell’azione della rete dei Comitati è quindi quello di ottenere un immediato intervento legislativo che ripristini le condizioni previdenziali ante riforma per la totalità delle persone che si sono trovate nelle condizioni sopra descritte.

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