Gianni Bocchieri
In una campagna elettorale di pochi contenuti e proposte, l’incidente capitato a Giannino potrebbe far riflettere sul tema del valore legale del titolo di studi.
I fatti sono noti. Universalmente apprezzato, Oscar Giannino è un bravo giornalista capace di spiegare i fatti economici a tal punto da essere spesso definito economista. Ha tenuto rubriche sulle più importanti testate giornalistiche. Ha condotto una trasmissione di successo sulla radio del più importante giornale economico italiano. È stato spesso ospite delle più seguite trasmissioni televisive. Certamente, ha saputo coniugare la sua riconosciuta competenza nelle materie economiche, con una personalità eccentrica ed originale anche dal punto di vista estetico, che ne ha sicuramente favorito la presenza scenica in contesti televisivi.
Quando ha deciso di intraprendere la sua avventura politica, si è accompagnato ad accademici di primo piano per proporre un programma elettorale per fermare il declino. A ragione, la sua lista aveva sicuramente richiamato l’attenzione di quanti non avrebbero mai convogliato la loro disaffezione per la politica verso il movimento dei grillini.
A pochi giorni dal voto, proprio un suo compagno di viaggio ha svelato che il master americano vantato da Giannino fosse stato al massimo un corso di inglese. Si scopre poi che nemmeno le due lauree ben evidenziate nel curriculum sono mai state conseguite.
Ad urne chiuse, viene fuori che nemmeno l’apprezzato onorevole, non riconfermato, già sottosegretario, imprenditore, Guido Crosetto non ha conseguito la laurea che per cinque anni è apparsa nel suo profilo istituzionale del sito della Camera dei Deputati. Eppure, Crosetto non ha mai lesinato le sue critiche alla linea di politica economica di Tremonti, con convincenti argomenti economici della sua vantata formazione liberista.
Era quasi inevitabile in questo momento di moralismo un tanto al chilo che Giannino e Crosetto finissero nel tritacarne mediatico-gossipparo. Sicuramente, è una cosa che non si deve fare rimpolpare il proprio curriculum con titoli od esperienze non conseguite. Altrettanto riprovevole è l’attacco ad alzo zero alle persone, anche se hanno commesso degli errori.
In ogni caso, al di là delle questioni morali, le due vicende dovrebbero far riflettere su un tema che viene periodicamente portato alla ribalta dell’opinione pubblica, senza essere definitivamente risolto. Si tratta della questione del valore legale del titolo di studio.
Acquisite con anni di studi, Giannino ha ragione quando dice che le sue competenze prescindono dal conseguimento delle due lauree. Le sue riconosciute competenze nelle materie economiche prescindono dal fatto che la sua formazione si sia sviluppato in modo formale, nel sistema di istruzione e formazione e nelle università. Ciò che gli è servito per lavorare è stato l’apprendimento non formale e quello informale. Vale a dire: quegli apprendimenti intenzionali o non intenzionali che si realizzano fuori dai sistemi scolastici ed universitari o nello svolgimento di attività nelle situazioni di vita quotidiana, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero. Anzi, proprio grazie alla sua capacità di formazione non formale o informale, Giannino ha avuto più successo di molti laureati con il massimo dei voti in economia.
Purtroppo, permane ancora l’idea della necessità che il sistema di istruzione, formazione anche universitaria sia fondato sul sistema scolastico ed universitario pubblico, con solo l’attore pubblico autorizzato a rilasciare titoli che possono avere una loro spendibilità, per lo più per l’accesso o per la carriera nel pubblico impiego.
Proprio a fine legislatura, questa idea sembra aver ancora pervaso gli autori del provvedimento con cui si disciplina la costituzione del sistema nazionale di certificazione delle competenze. Con questo sistema, si pensa di poter ingabbiare le mutevoli competenze richieste dal mercato del lavoro in un sistema di classificazione pubblicistico, che rischia di diventare obsoleto il giorno dopo la sua costituzione.
Forse, lo sbaglio più imperdonabile di Giannino è non aver inserito l’eliminazione del valore legale del titolo di studio nel suo programma di governo.