Fermare la crisi, cambiare passo

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Giampiero Falasca

La crisi produttiva morde e ci sarebbe bisogno di un Governo e una maggioranza capaci di prenderla di petto. Le emergenze sono tante e, per ci si occupa giorno per giorno di lavoro, i nodi da affrontare sono evidenti.

Manca un sistema efficiente di servizi per l’impiego, capace di supportare le persone in uscita dal lavoro. Il sistema centrato sugli uffici pubblici ha fallito, e servirebbe una nuova fase progettuale, con un vero coinvolgimento nel sistema degli operatori privati qualificati (agenzie per il lavoro, terzo settore, parti sociali, eccetera).

Siamo ancora lontani da un utilizzo efficiente degli ammortizzatori sociali. In tutta Europa, chi perde il lavoro riceve i sussidi di disoccupazione solo se partecipa a piani formativi e di inserimento mirato. Nel nostro Paese, tutto questo viene fatto solo sulla carta, con tanta burocrazia e poca sostanza.

Altro problema sono gli incentivi per chi assume: previsti per legge, ma non ci sono i decreti, che arriveranno, ma con mesi di ritardo (come accade ogni anno anche per il salario variabile).

Molti danno le colpe della crisi attuale alla legge Fornero, ma è una spiegazione tanto comoda quanto banale. La legge Fornero ha le sue colpe, ma è in buona compagnia, in quanto ha seguito un solco già sperimentato molte volte dalla nostra legislazione, che da sempre ama introdurre regole burocratiche, complesse, difficili da applicare ed esposte alle più disparate letture giurisprudenziali.

Servirebbe una nuova stagione legislativa capace di rendere attrattivo il nostro ordinamento, dando a chiunque maggiori certezze sul versante delle regole del lavoro.

Si potrebbe partire dai licenziamenti; la normativa introdotta dalla legge Fornero non ha spazzato via la sensazione di incertezza sui costi, tempi e durata delle procedure di licenziamento, mentre servirebbe una regola comprensibile a chiunque, ed applicabile senza discrezionalità eccessiva in tutte le situazioni.

E poi si dovrebbe proseguire sulle regole della flessibilità in entrata, che è ormai diventata una ragnatela di regole e trappole che scoraggia le assunzioni, mentre dovrebbe tornare ad essere uno strumento utile per gestire le altalene produttive.

Tutto questo richiederebbe una maggioranza politica e, soprattutto, una classe politica competente e coraggiosa.

Insomma, rischiamo di restare nel mondo dei sogni.

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