Certificazione delle competenze: in vigore il decreto

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Entra in vigore, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il decreto legislativo in materia di certificazione delle competenze (d.lgs. n. 13 del 16 gennaio 2013). Il testo nasce da una delega contenuta nella legge Fornero, la quale prevedeva l’emanazione di un pacchetto di regole volte a valorizzare il diritto delle persone all’apprendimento permanente (art. 4, commi da 51 a 61, legge n. 92/2012). Una finalità sicuramente apprezzabile, ma che viene perseguita mediante l’introduzione di un sistema molto burocratico, che sembra rispondere poco ai bisogni del mercato del lavoro e soffre anche di una certa vaghezza, che ne renderà complicata l’attuazione.
Il provvedimento prevede che una serie di soggetti definiti come “enti titolati” possano certificare le competenze delle persone, attingendo da un repertorio pubblico dove dovrebbero essere elencate tutte le possibili competenze. Nella lista di questi enti possono rientrare tutti i soggetti pubblici e privati che siano in possesso di un’autorizzazione o accreditamento regionale a certificare le competenze, comprese le camere di commercio, le scuole, le università e le istituzioni formative. Il decreto fissa le regole che presiedono all’attività di questi soggetti, dilungandosi in regole minuzione e ridondanti.
I contenuti del repertorio dovranno essere definiti, secondo il provvedimento, mediante la standardizzazione degli elementi essenziali dei diversi titolo di istruzione e formazione esistenti, compresi anche i titoli di formazione professionale, la storia dei repertori di questo tipo è costellata da fallimenti o, nei casi migliori, da apparati burocratici scollegati dal mercato del lavoro, vediamo se questa volta l’esito sarà differente. Certamente, è difficile pensare che basti una norma di legge – senza nuove risorse – per superare carenze strutturali del nostro sistema amministrativo.
Il decreto definisce anche la nozione di apprendimento (che viene definito come un diritto individuale della persona), nelle sue diverse variabili. Viene definita come “apprendimento permanente” qualsiasi attività di apprendimento intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale. Viene definita come “apprendimento formale” l’attività che si svolge nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istitituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, conseguiti anche in apprendistato.
Infine, si definisce l’«apprendimento non formale», come l’attività caratterizzata da una scelta intenzionale della persona, che si realizza al di fuori dei sistemi di apprendimento formale, in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato, del servizio civile nazionale e del privato sociale e (in questo caso) nelle imprese, e come “apprendimento informale” l’attività che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.

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