Fondi di solidarietà

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La legge di stabilità ha riportato sotto i riflettori un tema che, sorprendentemente, in questi mesi è stato poco considerato dalle parti sociali. Parliamo dei fondi di solidarietà per il sostegno del reddito, che, secondo quanto prevede la riforma del mercato del lavoro (legge n. 92/2012), avrebbero dovuto essere costituiti, sulla base di appositi contratti o accordi collettivi, entro il prossimo 18 gennaio 2013, per rendere universale la copertura contro le sospensioni dal lavoro derivanti da crisi transitorie dell’impresa. La legge di stabilità, in ragione della scarsa considerazione che ha avuto il tema (le intese siglate dalle parti sociali sono risultate pochissime), ha concesso al sistema delle relazioni industriali altri 6 mesi, spostando al 18 luglio 2013 il termine finale entro il quale dovrà essere completato il processo istitutivo dei fondi.
La mancata attuazione dei fondi entro la nuova scadenza non comporterà l’applicazione di sanzioni per i soggetti inadempimenti (sarebbe impensabile un meccanismo sanzionatorio, in una materia del genere); piuttosto, dopo tale data il Ministero del Lavoro potrà agire in via sostitutiva, costituendo di propria iniziativa un fondo residuale, nel quale confluiranno i contributi dovuti dalle imprese e dai lavoratori fino alla data di costituzione del fondo bilaterale; anche le prestazioni dovute ai lavoratori saranno a carico del fondo residuale, fino a quando le parti non agiranno in via diretta.
Se invece le parti sociali faranno il proprio dovere entro la nuova scadenza di luglio 2013, firmando gli accordo collettivi istitutivi del fondo di solidarietà nei diversi settori produttivi, il Ministero – nei successivi 3 mesi dalla firma – dovrà emanare un apposito decreto ministeriale, con il quale ciascuno dei nuovi fondi sarà formalmente costituito presso l’INPS.
Sarebbe importante che le parti sociali sfruttassero i mesi aggiuntivi concessi dal legislatore, in quanto il meccanismo dei fondi bilaterali ha una valenza strategica nel disegno di riforma degli ammortizzatori sociali: tali fondi, infatti, sono chiamati a colmare i vuoti di tutela oggi esistenti in quei settori dove non esiste la cassa integrazione guadagni straordinaria, e – sulla base delle risorse versate dalle imprese e dai lavoratori – dovranno erogare trattamenti analoghi a quelli garantiti dall’Inps nei settori coperti dal trattamento pubblico. Questo meccanismo sostitutivo dovrebbe scoraggiare atteggiamenti opportunistici, in quanto la ritarda attuazione dei fondi non dovrebbe comportare un ritardo nell’entrata in vigore dell’obbligo di versare la relativa contribuzione, ma solo il cambiamento del soggetto (da quello bilaterale a quello costituito dal Ministero) destinatario delle risorse.
La riforma affronta un problema – quello della copertura ai lavoratori coinvolti da crisi di impresa nei settori privi di cassa integrazione – che negli ultimi anni è stato per lo più affrontato e gestito con il sistema della cassa “in deroga”: di anno in anno, è stata garantita l’applicazione delle regole della cassa a settori che, secondo la normativa ordinaria, non ne avrebbero avuto diritto.
Il sistema ha funzionato, nel senso che ha dato un aiuto concreto a migliaia di imprese e aziende coinvolte dalle crisi degli ultimi anni. ma è caratterizzato da una estemporaneità che rende necessario il suo superamento, nel medio e lungo periodo. La legge Fornero affronta la questione in maniera strutturale, ipotizzando la scomparsa della cassa in deroga, per la quale è prevista solo una limitata possibilità di proroga, in via transitoria per il triennio 2013-2016, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a 12 mesi; i fondi bilaterali dovrebbero intervenire per colmare lo spazio lasciato vuoto dalla cassa in deroga, assicurando una tutela analoga in tutti quei settori che oggi non sono coperti dalla cassa integrazione.
I fondi bilaterali saranno finanziati dalle imprese che occupano mediamente più di 15 dipendenti, ma è previsto anche un contributo dei lavoratori interessati; le aliquote di contribuzione ordinaria ai fondi saranno determinate con apposito decreto ministeriale, ma la legge precisa che dovranno essere pagate nella misura di due terzi a carico del datore di lavoro e di un terzo a carico del lavoratore.
I fondi bilaterali avranno una “missione” che viene fissata direttamente dalla legge: dovranno erogare alle persone impiegate nel settore di riferimento un trattamento di sostegno al reddito, in presenza di riduzioni o sospensioni dell’attività lavorativa analoghe a quelle che, nei settori in cui spetta, consentono di accedere alla cassa integrazione salariale ordinaria o straordinaria.
Il trattamento che dovranno erogare i fondi di solidarietà dovrà essere di importo pari all’integrazione salariale, o dovrà avere una durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili (calcolate sulla base di un biennio mobile).
In aggiunta a questa finalità principale, la legge n. 92/2012 riconosce la possibilità di affidare ai fondi altri compiti. Gli accordi istitutivi di tali soggetti potranno decidere di assicurare ai lavoratori, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, una tutela integrativa rispetto al trattamento ASPI, oppure potranno prevedere il pagamento di assegni straordinari per il sostegno al reddito, nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, in favore di lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni. Un altro compito che potrebbe essere affidato ai fondi di solidarietà è quella di contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell’Unione europea.
Nei settori in cui sono già operanti consolidati sistemi di bilateralità (come ad esempio quello dell’artigianato) le parti sociali non dovranno costituire nuovi soggetti, ma potranno limitarsi ad adeguare le norme istitutive degli organi esistenti.
Infine, va ricordato che la legge prevede per i fondi l’obbligo di bilancio in pareggio (a tal fine, dovranno presentare bilanci di previsione a otto anni basati sullo scenario macroeconomico coerente con il più recente DEF), e il divieto di erogare prestazioni in caso di mancanza di risorse.

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