Certificare le competenze: solo burocrazia?

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Lo schema di decreto legislativo sulla certificazione delle competenze, approvato dal Consiglio dei Ministri in via preliminare, è un provvedimento difficile da capire, nei contenuti e nelle finalità. Il testo nasce da una delega contenuta nella legge Fornero, la quale prevedeva l’emanazione di un pacchetto di regole volte a valorizzare il diritto delle persone all’apprendimento permanente (art. 4, commi da 51 a 61, legge n. 92/2012).
La vaghezza assoluta delle nozione contenute nella delega, rilevata dalla maggioranza dei commentatori, non viene chiarita dal decreto attuativo, che rimane un testo oscuro nei contenuti, complicato nella stesura ed incerto nelle finalità.
Il provvedimento prevede che una serie di soggetti definiti come “enti titolati” possano certificare le competenze delle persone, attingendo da un repertorio pubblico dove sono – o meglio, dovrebbero essere – elencate tutte le possibili competenze. Nella lista di questi enti possono rientrare tutti i soggetti pubblici e privati che siano in possesso di un’autorizzazione o accreditamento regionale a certificare le competenze, comprese le camere di commercio, le scuole, le università e le istituzioni formative.
Il decreto definisce anche la nozione di apprendimento (che viene pomposamente definito come un diritto individuale), con diverse variabili. Viene definita come “apprendimento permanente” qualsiasi attività di apprendimento intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale. Viene definita come “apprendimento formale” l’attività che si svolge nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, conseguiti anche in apprendistato.
Infine, si definisce l’«apprendimento non formale», come l’attività caratterizzata da una scelta intenzionale della persona, che si realizza al di fuori dei sistemi di apprendimento formale, in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato, del servizio civile nazionale e del privato sociale e (in questo caso) nelle imprese, e come “apprendimento informale” l’attività che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.
Il decreto legislativo disciplina anche gli standard minimi che gli enti titolati devono seguire nella certificazione delle competenze, con norme complesse e ridondanti; ad esempio, si prevede che l’attestato della competenza debba contenere i dati anagrafici della persona. Ci voleva una legge per stabilire questo?. Infine, viene istituto il repertorio nazionale dei titoli di istruzioni e formazione che, come abbiamo già detto, dovrebbe costituire la base cui attingono gli enti titolati per la propria attività di certificazione.
I contenuti di questo repertorio dovrebbero essere definiti, secondo il provvedimento, mediante la standardizzazione degli elementi essenziali dei diversi titolo di istruzione e formazione esistenti, compresi anche i titoli di formazione professionale. Considerato che la storia dei repertori di questo tipo è costellata da fallimenti o, nei casi migliori, da apparati burocratici scollegati dal mercato del lavoro, non si capisce la ragione per cui il decreto legislativo opera questa scelta.

One comment

  1. Non è un sollievo che qualcuno oltre me condivida la difficoltà nella sola lettura della norma commentata in questo pezzo.
    Mi sfugge una battuta: ma per comprendere il decreto sulla certificazione delle competenze, di quali competenze c’è bisogno?!?
    Un po’ più seriamente pongo una domanda: come si coordina la nuova norma qui commentata con le previsioni del testo unico apprendistato dove (art. 6) si parla di “standard formativi” di “repertorio delle professioni” (che tra l’altro dovrebbe prendere spunto dai sistemi di classificazionedei contratti collettivi secondo questa norma), di certificazione delle competenze (punto sul quale si è avuto poi un accordo in sede di Conferenza Stato Regioni e seguente recepimento con decreto interministeriale).
    Ecco, ho davvero fatica a comprendere il coordinamento delle due previsioni ed i conseguenti effetti (concreti) per chi si sta “esercitando” con il contratto di apprendistato professionalizzante.
    Grazie

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