Le prime pronunce sul rito “Fornero”: contraddizioni e incertezze

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Marzia Sansone

Le prime pronunce della giurisprudenza di merito sul nuovo rito introdotto dalla Legge n. 92 del 2012 per l’impugnazione dei licenziamenti riconducibili nell’ambito di applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, sollevano molti dubbi in ordine alla concreta operatività delle nuove disposizioni.

Per i tecnici del diritto si apre una stagione assai complessa, tra pronunce sperimentali – spesso antitetiche –  e tentativi di tracciare una strada omogenea da percorrere al fine di giungere a pronunce uniformi all’interno dei singoli Tribunali.

Con riferimento al primo aspetto, le prime pronunce giurisprudenziali giungono a conclusioni assai diverse tra loro.

Così, infatti, accade tra Roma e Milano: il Tribunale di Milano, con ordinanza del 25 ottobre 2012, dopo aver escluso l’applicabilità del rito Fornero alla controversia sottoposta al suo esame (in quanto presupponeva un accertamento relativo alla costituzione del rapporto di lavoro con un soggetto diverso dal datore di lavoro formale, con conseguente indagine istruttoria incompatibile con la sommarietà del rito), conclude la causa con una pronuncia di inammissibilità del ricorso. Le conseguenze dell’erroneità del rito prescelto mutano profondamente a Roma dove il Tribunale, con ordinanza del 31 ottobre 2012, dopo aver escluso l’applicabilità del nuovo rito alla controversia sottoposta al suo esame, conclude la causa, non con una pronuncia di inammissibilità, bensì con ordinanza di mutamento del rito ex art. 4 del d. lgs. n. 150/2011.

È evidente come le due pronunce comportino conseguenze profondamente differenti in quanto, a seguito della pronuncia di inammissibilità, il ricorrente dovrà depositare un nuovo ricorso ai sensi del’art. 414 e ss. c.p.c. (con ineliminabile duplicazione dei costi e dei tempi), mentre, a seguito della pronuncia di mutamento del rito, il giudizio proseguirà con l’udienza fissata dal Giudice, previa integrazione degli atti difensivi.

Con riferimento al secondo aspetto, sebbene non si metta in dubbio l’utilità pratica insita nell’adozione di tali linee guida, non può tacersi come tale scelta comporti il rischio di interpretazioni profondamente diverse tra Tribunali diversi.

Ciò che, peraltro, si verifica puntualmente. Mentre, infatti, la magistratura del lavoro di Firenze, con Verbale del 17 ottobre 2012, definisce “facoltativo” il nuovo rito, ammettendo la possibilità per il ricorrente di valutare come più utile un ricorso ex art. 414 c.p.c. quando l’impugnazione del licenziamento si associ ad ulteriori domande (differenze retributive, diverso inquadramento etc.) – onde evitare una illogica moltiplicazione dei processi – il Tribunale di Monza, in senso opposto, stabilisce che, qualora l’impugnazione sia proposta con ricorso ex art. 414 c.p.c. e contenga domande ulteriori, il Tribunale emetterà una sentenza parziale con la quale dichiarerà l’inammissibilità della domanda relativa all’impugnazione del licenziamento ( e il giudizio proseguirà per le ulteriori domande).

Lo stesso dicasi con riferimento alla possibilità di proporre l’impugnazione del licenziamento con la procedura di cui all’art. 700 c.p.c. Mentre, infatti, per il Tribunale di Firenze non può escludersi in astratto la permanenza dell’azione cautelare ex art. 700 c.p.c. alle controversie aventi ad oggetto il licenziamento (con la precisazione che il requisito del periculum in mora verrà valutato in modo più rigoroso, considerato che l’ordinamento mette a disposizione del lavoratore un rito che si caratterizza per una certa celerità – nello stesso senso l’ordinanza del 17 ottobre 2012 del Tribunale di Bari), per il Tribunale di Monza l’impugnazione del licenziamento con il ricorso d’urgenza di cui all’art. 700 c.p.c. condurrà ad una pronuncia di inammissibilità.

Pertanto, ciò che emerge da un primo esame delle sopra riportate linee guida adottate dalle magistrature del lavoro dei diversi Tribunali è la sicura uniformità di decisione all’interno del singolo Tribunale e la altrettanto certa difformità delle pronunce dei diversi Tribunali, con evidente sacrificio della tanto anelata certezza del diritto.

Dalle prime pronunce della giurisprudenza emergono però due punti fermi.

In primo luogo non v’è dubbio che il nuovo rito si applichi alle controversie instaurate dopo l’entrata in vigore della Legge n. 92/2012 (18 luglio 2012); ciò significa che il nuovo rito sarà instaurabile anche per l’impugnazione del licenziamento comminato prima dell’entrata in vigore della Legge Fornero.

Tuttavia, a questo proposito, i Giudici di merito premettono la fondamentale distinzione tra l’ambito di applicazione della disciplina sostanziale introdotta dalla Legge Fornero (nuovo art. 18) e quello della disciplina processuale; posto che il nuovo rito si applica alle impugnazioni dei licenziamenti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ai fini della valutazione circa la proponibilità dell’impugnazione con il nuovo rito, dovrà aversi riguardo alle misure previste dall’art. 18 applicabile ratione temporis; ciò significa che, “se il licenziamento comminato prima dell’entrata in vigore della Legge Fornero non rientra tra quelli ai quali, secondo l’art. 18 allora vigente, si applicava la tutela reale, la sua impugnazione andrà proposta seguendo le comuni regole del rito codicistico del lavoro” (Tribunale di Roma, ordinanza del 31 ottobre 2012; conforme Tribunale di Roma, ordinanza del 32 ottobre 2012 e ordinanza del 29 ottobre 2012).

Ai fini della corretta instaurazione della controversia, dunque, sarà necessario valutare se il licenziamento che si intende impugnare godeva della tutela reale ai sensi dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori nella formulazione vigente al momento in cui il licenziamento è stato comminato; qualora dalla suddetta valutazione emergesse che il licenziamento in parola godeva – al momento della irrogazione – della tutela obbligatoria, la relativa controversia dovrà instaurarsi ai sensi dell’art. 414 e ss. c.p.c., a prescindere dal fatto che il medesimo licenziamento goda della tutela reale in virtù del nuovo testo dell’art. 18.

In secondo luogo, non v’è dubbio che la proposizione dell’impugnazione mediante deposito del ricorso dinanzi al Tribunale in funzione di Giudice del lavoro competente per territorio, impedisca la decadenza di cui all’art. 32 della Legge n. 183/2010 come modificato dalla Legge n. 92/2012, anche se la scelta del rito si riveli errata. Pertanto, l’iniziativa giudiziaria – anche se errata – impedisce la decadenza dal termine pari a 180 giorni prevista dal Collegato Lavoro per il deposito del ricorso (in questo senso, Tribunale di Monza, Tribunale di Firenze, Verbale del 17 ottobre 2012, Tribunale di Milano, ordinanza del 25 ottobre 2012).

Il nuovo rito

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