Licenziamenti collettivi

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Giampiero Falasca

La legge che regola i licenziamenti collettivi (l. n. 223/1991) dà grande importanza agli aspetti formali; in particolare, è molto rilevante, ai fini dell’efficacia dell’intera procedura, che la lettera di avvio della riduzione di personale esponga in maniera esaustiva le ragioni che motivano gli esuberi. Si tratta di un passaggio molto importante anche perchè, secondo una parte della giurisprudenza, non è possibile, neanche con il consenso del sindacato, colmare eventuali lacune informative di tale atto, in quanto la comunicazione corrisponderebbe a un preciso obbligo preventivo che, in quanto tale, non potrebbe essere sanato a posteriori.
Al fine di attenuare il rigore formale di questi orientamenti, la legge n. 92/2012 ha precisato che gli eventuali vizi della comunicazione preventiva possono essere sanati dopo il suo invio, mediante la stipula di un accordo collettivo. Questa precisazione consentirà di superare gli orientamenti sopra ricordati, impedendo di invalidare la procedura qualora le parti sociali hanno deciso di sanare eventuali vizi, formali o sostanziali, della comunicazione di avvio.
Un’altra innovazione delle riforma riguarda la comunicazione che deve essere fatta al termine della procedura, quando l’impresa ha concluso tutti i processi di consultazione e può comunicare i licenziamenti. Sulla base delle norme previgenti, il datore di lavoro era obbligato ad inviare alla Direzione Regionale del Lavoro, agli altri uffici locali competenti e alle associazioni sindacali, contestualmente alle lettere di licenziamento, l’elenco dei lavoratori licenziati, con l’indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell’età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta.
L’adempimento di questo obbligo era inteso in senso molto rigoroso dalla giurisprudenza, che spesso ha invalidato delle procedure di licenziamento in caso di ritardo anche limitato a un solo giorno. La riforma del lavoro, per ridurre l’impatto di questo vizio meramente formale, assegna all’impresa un termine di 7 giorni dalla data di comunicazione del licenziamento per inviare la lista del personale licenziato, in modo da evitare questa problematica.
Infine, va ricordato che le norme della legge n. 92/2012 estendono ai licenziamenti collettivi le novità previste in materia di sanzione del licenziamento. Si prevede l’applicazione del regime del licenziamento discriminatorio per casi di recesso senza forma scritta (quindi, reintegra e risarcimento pieno), mentre per le ipotesi di violazione dei criteri di scelta, si applica il regime del licenziamento disciplinare con reintegra, e quindi il lavoratore ha diritto di ottenere sia riammissione nel posto di lavoro, sia il pagamento di un’indennità di importo non superiore a 12 mensilità.
Meno rigida è la sanzione per i casi in cui il licenziamento sia viziato a causa del mancato rispetto di una o più regole procedurali di licenziamento collettivo; in tale ipotesi, si applica il regime del licenziamento disciplinare senza reintegra, e quindi al lavoratore spetta solo un’indennità risarcitoria omnicomprensiva di importo variabile tra 12 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, senza il diritto alla reintegra.

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