Il contratto di prossimità supera il vaglio di costituzionalità

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Con la sentenza n. 221/2012, la Corte Costituzionale ha  escluso che la disciplina contenuta nell’art. 8 della legge n. 148/2011, che conferisce una particolare forza normativa ai contratti collettivi stipulati a livello aziendale, sia lesiva delle prerogative legislative delle Regioni.

I contratti di prossimità, infatti, possono derogare alla disciplina legale e contrattuale collettiva applicabile a molteplici materie – quali contratti a termine, partite iva, appalti, somministrazione, orario di lavoro, part time, conseguenze del licenziamento, videosorveglianza, lavoro a progetto, ecc. – quando sono stipulati per raggiungere alcune finalità predeterminate (maggiore occupazione, qualità dei contratti di lavoro, emersione del lavoro irregolare, incrementi di competitività, gestione delle crisi, avvio di nuove attività). La Regione Toscana ha impugnato questa normativa, sostenendo che il conferimento di un potere derogatorio così ampio ai contratti di prossimità sarebbe lesivo delle prerogative legislative regionali in materia di mercato del lavoro, nella parte in cui gli accordi aziendali possono essere stipulati per l’attuazione di alcune finalità (promuovere l’occupazione, gestire le crisi aziendali e occupazionali, e agevolare nuovi investimenti).

La Consulta ha rigettato questa censura, ricordando innanzitutto che l’ambito di intervento dei contratti di prossimità non è indefinito, ma limitato alle sole materie elencate dall’art 8. Fatta questa premessa, la Corte esclude che i contratti di prossimità ledano le competenze legislative concorrenti o esclusive delle Regioni, in quanto – anche quando sono stipulati per la finalità di incrementare l’occupazione – non possono definire le misure di politica attiva del lavoro, limitandosi a modificare le regole (legali o collettive) del rapporto individuale di lavoro. Considerato che la materia del rapporto individuale di lavoro è pacificamente riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato, la Corte esclude qualsiasi possibile lesione delle prerogative regionali.

Sebbene la pronuncia offra un importante sostegno normativo al contratto di prossimità, lo strumento resta controverso sul piano tecnico, per vari motivi. In primo luogo, infatti, la sentenza esamina unicamente la lesione delle competenze regionali, ma nulla dice in merito all’istituto considerato nel suo complesso: sarebbe utile che ci fosse un pronunciamento più ampio sull’intero istituto, per rimuovere ogni dubbio sulla sua compatibilità costituzionale. Secondariamente, l’applicazione concreta dell’art. 8 potrebbe nascondere molte insidie. Questo perché gli accordi di prossimità possono derogare la legge e i contratti collettivi, ma (ovviamente) non possono modificare le regole che derivano dai principi comunitari e costituzionali. Ebbene, quasi tutte le regole del lavoro costituiscono attuazione di principi comunitari (le nome sull’orario di lavoro, sul contratto a termine, sulla somministrazione, sul part time, sul trasferimento di azienda, ecc.) e costituzionali, e quindi se si passa dalla teoria alla pratica, non è facile scrivere accordi che rispettino integralmente questi paletti. A maggior ragione se si considera che la sentenza della Corte definisce, correttamente, il contratto di prossimità come uno strumento di carattere “eccezionale”: questa definizione influenzerà inevitabilmente l’interpretazione dei giudici ordinari.

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