Corte di Giustizia UE: legittima la ripetizione dei contratti a termine per motivi sostitutivi

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La sentenza emanata dalla Corte di Giustizia sul contratto a tempo determinato (causa C-586/10, Bianca Kücük) è destinata a imprimere una svolta importante nelle prassi regolative e giurisprudenziali seguite all’interno degli Stati Membri dell’Unione in materia di contratto a termine. Secondo la sentenza, l’utilizzo dei contratto  di lavoro a tempo determinato per esigenze sostitutive può essere legittimo anche se tali esigenze risultano ricorrenti, se non addirittura permanenti. La vicenda nasce dalla causa promossa da una cittadina tedesca, impiegata dallo stesso datore di lavoro per un periodo di 11 anni, in forza di 13 contratti di lavoro a tempo determinato, conclusi per sostituire lavoratori assenti. In ragione dell’elevato numero di contratti stipulati, la lavoratrice ha rivendicato il diritto alla trasformazione a tempo indeterminato del rapporto. Il Tribunale tedesco, prima di decidere la controversia, ha deciso di interrogare la Corte di Giustizia Europea, chiedendo quale interpretazione deve essere data alle norme della direttiva n. 70/1999 sul contratto a termine.

La Corte, con una pronuncia molto coraggiosa, ha escluso che la situazione prospettata dal Tribunale tedesco sia automaticamente illegittima. Il ragionamento della sentenza è molto articolato, e parte dalla considerazione che la direttiva comunitaria sul lavoro a tempo determinato stabilisce che i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscono la forma generale dei rapporti di lavoro. Per attuare questo principio, la direttiva obbliga gli Stati membri ad adottare misure intese a prevenire qualunque utilizzo abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato conclusi in successione. In concreto, gli Stati Membri devono determinare le «ragioni obiettive» che giustificano il rinnovo di tali contratti. Nel caso della normativa tedesca, secondo la sentenza queste ragioni obiettive cono state correttamente individuate, in quanto coincidono con la necessità di sostituire temporaneamente un lavoratore. In presenza di tale indicazione, prosegue la Corte, non si può escludere in linea di principio che i contratti a termine stipulati per soddisfare l’esigenza sostitutiva siano contrari al diritto comunitario. Per meglio chiarire il proprio ragionamento, la Corte di Giustizia spiega che il solo fatto che un datore di lavoro sia obbligato a ricorrere a sostituzioni temporanee in modo ricorrente, se non addirittura permanente, non comporta l’assenza di una ragione obiettiva, né l’esistenza di un abuso. Per capire se c’è l’abuso, bisogna considerare altri elementi, come le dimensioni dell’impresa o dell’ente interessato, la composizione del suo personale, e anche il numero e la durata complessiva dei contratti a tempo determinato conclusi in passato con il medesimo datore di lavoro. Questa sentenza può avere un impatto diretto sui diversi filoni di contenzioso aperti nel nostro Paese in materia di contratti a termine. Si pensi, ad esempio, alle diverse pronunce che hanno giudicati illegittimi i contratti sostitutivi degli insegnanti della scuola, qualora tali contratti avessero superato una durata triennale. Queste sentenze hanno preteso di rinvenire nella normativa comunitaria un automatismo tra il superamento della durata triennale e l’illegittimità dei successivi rinnovi; l’esistenza di questo automatismo viene smentita invece dalla Corte di Giustizia, che invita a considerare ciascun caso concreto senza forzature. La vicenda, peraltro, mette in luce l’approccio virtuoso seguito dal Giudice tedesco nella controversia: piuttosto che ergersi a interprete infallibile del diritto comunitario, ha ritenuto opportuno investire della questione la Corte di Giustizia. Se questo metodo prendesse piede anche nel nostro Paese, ne trarrebbe beneficio la certezza del diritto.

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